Casetta 31

Una casa che cammina nella memoria

Nel paesaggio contemporaneo dell'arte relazionale e ambientale, raramente si incontra un'opera che riesca a tenere insieme l'intimità del lutto e la forza pubblica del gesto, senza scadere nella celebrazione privata o nella retorica del ricordo. Casetta 31 riesce in questo miracolo.

Non è solo un progetto artistico: è un atto di cura, di presenza, e insieme un piccolo atto politico nel senso più profondo del termine perché ci chiede di fermarsi, ascoltare, e riconoscere che la memoria può essere un motore, non un peso. Casetta 31 è una piccola struttura mobile, una sorta di rifugio su ruote.

Dentro: oggetti, fotografie, presenze invisibili.
Fuori: strade, paesi, sguardi curiosi.

Il suo autore la definisce "una casa per mio padre", ma in realtà questa casetta è un dispositivo di relazione. Ogni luogo che tocca, ogni persona che vi entra (con rispetto, con silenzio, con emozione), contribuisce ad ampliare la narrazione. Il padre, da figura familiare, si fa simbolo: di padri perduti, di affetti lasciati andare, di storie che meritano ancora un viaggio.

Ma c'è qualcosa di ancora più sottile che accade in Casetta 31: non è solo un archivio mobile, è una forma di arte performativa silenziosa. Ogni sosta è una scena. Ogni spettatore, un possibile testimone o partecipante. Chi entra non visita un'opera: entra in una memoria, si siede accanto a una vita, forse la rivede riflessa nella propria. E in questo incontro tra autobiografia e paesaggio, tra movimento e pausa, Casetta 31 lavora sull'arte come esperienza trasformativa.

Non a caso l'artista non impone un percorso: accompagna.
Non chiede di capire, ma di sentire.

In un tempo in cui le memorie si archiviano in cloud, e il lutto si consuma in silenzio individuale, questa piccola casa ambulante restituisce dignità al ricordo, gli dà corpo, spazio, e soprattutto lo mette in viaggio. È un'arte che non si espone ma si offre. Che non cerca clamore, ma incontri reali, anche brevi, anche imperfetti. Per questo Casetta 31 è molto più di un'opera: è una pratica di vita, una dichiarazione d'amore, e un invito gentile a ricordare che siamo fatti anche di chi non c'è più e che portare qualcuno con sé non è nostalgia, ma resistenza poetica.

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Scheda Concettuale e Tecnica

Titolo: Casetta 31

Artista: Giacomo Savio

Anno di avvio: 2021 - in corso

Formato:
installazione mobile / dispositivo performativo
progetto ambientale e relazionale

Supporto: casetta in legno su ruote (modulo mobile abitabile)

Ambiti:
arte pubblica, arte relazionale, arte ambientale,
pratiche di memoria, performance

Luoghi di attivazione:
itinerante / contesti urbani, rurali,
paesaggi, festival, mostre, spazi pubblici

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Concept

Casetta 31 è un progetto artistico mobile che indaga la memoria come gesto vivo, collettivo, trasformativo. Nata dal desiderio dell'artista di creare uno spazio per il ricordo del padre scomparso, la casetta si configura come un modulo abitabile in movimento, un luogo della soglia dove si incontrano biografia privata e dimensione pubblica. L'opera unisce l'intimità del lutto con la forza poetica dell'arte relazionale: non è un memoriale statico, ma una casa che cammina, che attraversa paesaggi, città e incontri, portando con sé una memoria in divenire. La scelta del numero 31, appartenente al padre (civico simbolico, data di nascita), diventa un codice poetico: un'identità in viaggio, mai chiusa, sempre riscritta dal movimento e dall'incontro.

Struttura e dispositivo

La casetta è allestita con oggetti appartenuti al padre o che ne evocano la presenza, fotografie, suoni, appunti, elementi d'uso quotidiano. Ogni elemento è parte di un racconto visivo e sensoriale che l'artista ha ricomposto in un linguaggio non didascalico, ma evocativo. Il modulo è abitabile e visitabile, su invito o apertura pubblica temporanea, autosufficiente in termini di esposizione (non necessita di supporti museali tradizionali), smontabile e trasportabile, per adattarsi a contesti diversi: strade, piazze, festival, musei, giardini, boschi.

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Pratiche attivate

Casetta 31 è un progetto processuale e relazionale. Ogni tappa del viaggio è occasione per: attivare un dialogo con il territorio e i suoi abitanti, ospitare incontri, letture, piccoli laboratori di narrazione e memoria, raccogliere testimonianze, lettere, oggetti lasciati dai visitatori che vogliono condividere una memoria personale.

La casetta può diventare spazio: di ascolto intimo, di esperienza performativa silenziosa, di archivio affettivo collettivo, che si arricchisce strada facendo.

Dimensioni e requisiti tecnici

Struttura: casetta mobile su ruote (tipo tiny house, rimorchio o struttura personalizzata)

Dimensioni indicative: (2,5 m x 1,5 m x h 2,8 m)

Allestimento interno: fotografie, audio diffuso, oggetti, elementi tessili e visivi (curati in chiave installativa)

Requisiti di esposizione: spazio esterno/area pubblica o semi-pubblica, accesso pedonale, corrente elettrica opzionale per audio/luci

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Riferimenti artistici e teorici

Il progetto dialoga con: le pratiche dell'arte relazionale (Bourriaud), l'arte autobiografica e della memoria (Sophie Calle, Christian Boltanski), il movimento dell’arte ambientale, esperienze di arte comunitaria e autoetnografia performativa.

Obiettivi: Offrire uno spazio artistico non convenzionale che coniughi memoria, affetto e partecipazione. Stimolare una riflessione pubblica sul lutto, la cura e la trasmissione dei ricordi. Esplorare la memoria come forma generativa, non nostalgica. Creare un viaggio in divenire, fatto di tappe e trasformazioni, in dialogo con i contesti attraversati.

Prossimi sviluppi: Espansione del progetto in forma di archivio partecipativo itinerante. Residenze d'artista all'interno della casetta. Collaborazioni con realtà locali, scuole, enti culturali, festival. Pubblicazione editoriale o documentazione video del viaggio.

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Casetta 31 ha già vissuto un momento speciale nel 2021, quando ha partecipato e vinto la quinta edizione di SMACH (Constellation of Art, Culture and History in the Dolomites). Dopo aver respirato l’aria sottile delle vette e aver sostato tra le meraviglie delle Dolomiti, è tornata a casa, portando con sé emozioni, ricordi e tracce di bellezza. Oggi, con lo stesso spirito di allora, vuole riprendere il cammino: un percorso fatto di memoria condivisa, piccoli gesti, scambi sinceri. Un viaggio che parla di umanità, di sguardi che si incrociano, di storie che si intrecciano. Le foto che la immortalano nel 2021 sono dello sguardo sensibile del fotografo Gustav Willeit, che ne ha colto l’anima in quell’attimo sospeso tra cielo e terra.

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Casetta 31

Casetta 31 nasce dal desiderio profondo di onorare mio padre in modo che non sia mai solo un'assenza, ma una presenza viva che accompagna ogni mio passo. Questa casetta su quattro ruote è il mio piccolo rifugio di memoria, la casa che porto sempre con me, un luogo simbolico dove custodisco il suo volto, i suoi ricordi, la sua storia. Il numero 31 non è solo una data, è la sua casa, il suo indirizzo nell'anima, il punto fermo che mi lega a lui. Ogni volta che sposto la casetta, è come se camminassi accanto a lui, portandolo con me in nuovi luoghi, facendolo respirare nuove atmosfere, mostrandogli orizzonti che forse lui non ha potuto vedere. La casetta diventa così un'estensione del mio cuore, un modo per non lasciar andare la sua memoria, per renderla tangibile e accessibile non solo a me, ma a chi vorrà ascoltare e guardare. Non è solo un oggetto: è un compagno di viaggio, un abbraccio che si muove, una casa che apre porte e finestre sulla vita che continua. In un mondo che corre veloce e dimentica in fretta, questa casetta è il mio atto d'amore e resistenza. Un modo per fermarmi, per respirare la storia che porto dentro, per condividerla con gli altri, per trasformare il dolore in cura e presenza.

Casetta 31 è il mio gesto intimo, poetico e concreto, per tenere vivo ciò che conta davvero.

Giacomo Savio

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Francesco Savio, 1931.